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Le retrospettive di Jake - Le avventure grafiche punta e clicca / Parte 2

Ultimo Aggiornamento: 28/01/2015 10:42
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07/12/2014 19:03
 
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Il 1993 è un anno estremamente importante per le avventure grafiche. L'affermazione dei CD-ROM apriva nuove strade e nuove possibilità al genere degli adventure. La notevole capacità di questi supporti rendeva finalmente possibile l'inserimento d'una mole di contenuti multimediali - tra cui lunghe cutscene ed il doppiaggio audio - inimmaginabile con la vecchia tecnologia dei floppy disk. É proprio nel 1993 che uscirono titoli come Myst e The 7th Guest i quali contribuirono in maniera significativa alla diffusione dei LaserDisc. Nello stesso anno Lucasarts pubblicò Day of the Tentacle e Sam & Max Hit the Road, mentre la Sierra ci regalava Gabriel Knight: Sins of the Fathers, oltre ai meno interessanti Leisure Suit Larry 6: Shape Up or Slip Out, Quest for Glory IV: Shadows of Darkness e Space Quest V: Roger Wilco in the Next Mutation.
Day of the Tentacle seguiva le vicende ed i personaggi nati nel 1987 con Maniac Mansion. Ritrovavamo vecchie conoscenze insieme ad altri nuovi personaggi. Pur trattandosi di semplici "maschere", queste "caricature" apparivano ben assortite e sufficientemente fuori di testa da risultare immediatamente simpatiche.



Con Gabriel Knight: Sins of the Fathers (foto sopra) la Sierra realizzava una delle più importanti avventure grafiche di tutti i tempi. Una storia di omicidi e riti vodoo ambientata nella suggestiva cornice di New Orleans, immersa in un'atmosfera sinistra, carica di fascino e sensualità così come di violenza e brutalità. Il protagonista era un romanziere di scarso talento con un'innata tendenza a prendere ogni cosa con leggerezza e una buona dose di spacconeria. Il viaggio da lui intrapreso si sarebbe però trasformato presto in un percorso di maturazione che lo avrebbe costretto ad assumere su di sé gravose responsabilità. Del tutto opposto il carattere di Grace, la giovane donna che gestiva la libreria del protagonista. Estremamente meticolosa sino alla pedanteria, la coprotagonista femminile non vedeva di buon occhio la "leggerezza" un po' superficiale di Gabriel e le ironiche frecciatine che lanciava al suo datore di lavoro lasciavano spesso il segno. Questi due personaggi, pur non spiccando per una caratterizzazione sorprendentemente profonda, riuscivano comunque a risultare sempre credibili e dotati di un'"umanità" che scongiurava il rischio "macchietta".



Grazie al CD-ROM, ormai impostosi come imprescindibile standard, le avventure grafiche, comprese quelle che evitano di proporsi esplicitamente come "film interattivi", non mancarono d'approfittare delle opportunità multimediali offerte dal supporto dei LaserDisc per approssimarsi sempre più al cartoon animato. La Sierra tentava la strada dell'estetica disneyana adottando l'alta definizione (erano i tempi in cui 640x480 significava HD) in King's Quest VII: una fiaba interattiva che non rinunciava alla libertà del gameplay e ai puzzle a soluzione multipla, da sempre cavalli di battaglia della serie.
Lucasarts invece, con Full Throttle realizzava un vero e proprio "film" d'animazione in cui la narrazione e l'azione "arcade" prendevano, a tratti, il sopravvento su enigmi ed interattività. Per Lucasarts il gameplay è sempre finalizzato al racconto, così come gli enigmi non hanno mai l'intento di mettere il giocatore in difficoltà quanto, piuttosto, quella di sviluppare l'intreccio. Full Throttle è uno dei primi frutti (acerbi ma preziosi) di una concezione del videogioco che mira ad una visione autoriale più che al divertimento fine a sé stesso; osteggiato dai puristi della "vecchia scuola" che rimasero inorriditi di fronte alle numerose sequenze arcade, alla rigida linearità della struttura e alla semplicità dei puzzle.



Sin dalla strepitosa introduzione animata, s'intuiva chiaramente che la prima preoccupazione di Lucas fosse quella di raccontare una storia e, per raggiungere tale obiettivo, si appropriò di tutti gli espedienti propri del linguaggio filmico, resi possibili dall'efficacissima fusione tra animazione bidimensionale e 3D (ovviamente rigorosamente prerenderizzato): panoramiche, campi lunghi e primi piani, decoupage serrato e carrellate veloci in profondità, inseguendo i bolidi di metallo nella loro folle corsa lungo le "strade perdute" d'America. Ben, il protagonista, è uno degli ultimi centauri rimasti fedeli alla ruvida etica della strada, a quell'inebriante desiderio di libertà che è parte fondante del mito americano e dell'epopea della "frontiera". Infarcito di rimandi al cinema Western, Ben, come John Wayne non si arrendeva al progresso ed ai tempi che cambiano, mantenendo una propria testarda purezza.



Nel 1995 vede la luce anche The Dig (per la futura gioia di Segalina [SM=x2584191] ), una delle produzioni più travagliate della storia della LucasArts. Il progetto era partito nel lontano 1989 da un'idea di Steven Spielberg. Dopo essere passato attraverso le mani di ben 3 game designer è solo con Sean Clark che il titolo approderà finalmente sugli scaffali dei negozi. Il problema, come in seguito dichiarò lo stesso Clark, era essenzialmente di natura "culturale", ovvero la Lucas non aveva mai realizzato un'avventura dai temi drammatici e dalle tonalità riflessive che omaggiavano la fantascienza "matura" degli anni '60 e '70. Sebbene fosse dotato d'un impianto grafico meno appariscente, la coerenza estetica con cui è stato immaginato il misterioso pianeta Cocytus rendono ancora oggi The Dig (foto sopra) uno dei titoli Lucas visivamente più affascinanti (nonostante girasse ancora ad una definizione di 320x200). Merito anche delle splendide animazioni in 3D precalcolato (molte delle quali realizzate dall'Industrial Light & Magic) che s'integravano alla perfezione nei lussureggianti paesaggi disegnati a mano. L'influenza di Myst nelle meccaniche di gioco era evidente. Come nel campione d'incassi della Cyan, il giocatore era innanzi tutto chiamato ad esplorare un mondo alieno abbandonato che portava ancora i segni di un'antica civiltà ormai scomparsa ed a comprenderne i misteri e le tecnologie. Gli enigmi rifiutavano dunque la logica demenziale tipica dei titoli Lucas e si avvicinavano molto al rompicapo logico la cui risoluzione consentiva l'attivazione di complessi macchinari. La sceneggiatura, sebbene ben scritta, scricchiolava un po' sotto il peso delle sue ambizioni. Le riflessioni sulla fragilità della vita di fronte all'immensità del cosmo e sulla necessaria finitezza d'ogni esistenza non erano mai adeguatamente sviluppate, risolvendosi in maniera semplicistica. Ma la grandezza di The Dig stava soprattutto nelle sue avvolgenti atmosfere - alle quali le strepitose musiche di Michael Land davano un impagabile contributo e nel senso di meraviglia suscitato dai suggestivi scorci di Cocytus attraverso i quali si riverberava, malinconica, l'eco d'una civiltà che, nel desiderio di preservare la vita al di là del tempo e dello spazio, aveva smarrito il senso del limite e l'importanza di vivere il presente come individui finiti e mortali.
In questi anni la Sierra appare sempre più interessata ad esplorare nuove forme d'intrattenimento interattivo e pur non rinnegando mai totalmente la tradizionale formula dell'avventura punta e clicca ne prenderà progressivamente le distanze. La LucasArts, invece, non seguirà mai la sua avversaria sugli impervi territori del "film interattivo" (in quegli anni inteso come una successione di lunghi filmati realizzati con la tecnologia del full motion video). Non che la LucasArts fosse insensibile a questo tipo di tecnologia; essa stessa la utilizzò, infatti, per action game e sparatutto legati al franchise di Star Wars come i due Rebel Assault e Jedi Knight: Dark Forces II (con ogni probabilità si trattava di tentativi di creare un immediato "appeal" cinematografico che facesse di questi giochi delle dirette prosecuzioni dei film della saga).



Per quel che invece riguarda le avventure grafiche, LucasArts non cercò mai il realismo del filmato in "live action", preferendo la stilizzazione cartoonesca. Ne è ulteriore prova il terzo capitolo di Monkey Island, ovvero: The Curse of Monkey Island (foto sopra). La saga, ormai orfana del suo ideatore Ron Gilbert, che aveva abbandonato la Lucas nel 1992 per mettersi in proprio, passa nelle mani di Jonathan Ackley e Larry Ahern i quali svolsero un compitino corretto e sufficientemente divertente ma lontano dalla grandezza dei due capitoli precedenti. Alla sapiente commistione tra esilarante nonsense e gusto gotico viene sostituita una comicità "normalizzata", ripulita dagli eccessi (splendidamente) demenziali dei primi due episodi. Più che ai lavori di Gilbert, The Curse of Monkey Island assomigliava ad un innocuo prodotto disneyano e gli splendidi disegni di Bill Tiller, il cui stile morbido e vivace sembrava ricalcare le illustrazioni di un raffinato libro di fiabe, rafforzavano tale impressione. Sul piano del gameplay, invece, il gioco si dimostrava degno dei suoi precursori, con una difficoltà ben calibrata ove venne reinserita la possibilità di scegliere tra un livello "facile" o "normale", locazioni ampie ed enigmi sempre stimolanti.



Grim Fandango (foto sopra e sotto), uscito nel 1998, pur non rappresentando, come molti sostengono, il canto del cigno dell'intera categoria degli adventure, lo è stato certamente per la storia della LucasArts come software house che aveva sin qui legato il proprio marchio alla qualità delle sue avventure grafiche. Un timido ritorno al genere che aveva reso famosa la gloriosa compagnia californiana avverrà nel 2000 con Fuga da Monkey Island: un tentativo largamente dimenticabile di rilanciare la serie ideata da Gilbert.
Il titolo creato da Tim Schafer abbandonava totalmente l'interfaccia punta e clicca e abbracciava il 3D. I personaggi erano modelli poligonali che si guidavano solo tramite tastiera in ambienti prerenderizzati. L'angolazione fissa cambiava, con effetto fortemente cinematografico, non appena ci spostavamo ai margini dell'inquadratura (come avveniva in Alone in the Dark). L'inventario veniva semplificato ed era lo sguardo di Manny, il protagonista, a guidarci verso gli hotspot. Cadendo il filtro dell'interfaccia, che si faceva "invisibile", l'interazione diventava assai più naturale (anche se non necessariamente più comoda), favorendo il processo d'immedesimazione nei panni del nostro alter ego. Il racconto attingeva a piene mani da capolavori del cinema anni '40: Casablanca innanzi tutto, ma anche La fiamma del peccato. L'umore che si respirava era decisamente "noir", sia nelle atmosfere che nei dialoghi da manuale: secchi ed efficaci. La qualità della scrittura di Tim Schafer era già allora altissima e la sceneggiatura riusciva a sfumare con disinvoltura dai toni comici a quelli malinconici, dalla drammaticità alla leggerezza. All'indimenticabile galleria di personaggi, tratteggiati con ammirevole arguzia ed umanità, si affiancava il ritratto d'un protagonista dal passato non privo d'ombre che decideva di cogliere l'occasione per fare "la cosa giusta" e riscattarsi, almeno in parte, dalle sue colpe.



Il gioco era arricchito da un impianto grafico folgorante non tanto per tecnica quanto per stile, accumulando suggestioni che andavano dal folclore messicano all'art decò, dalla pop art all'iconografia azteca. Tra trovate geniali, colpi di scena e situazioni spassose, Tim Schafer suggella quel capolavoro narrativo a cui Ron Gilbert ambiva sin dai tempi del primo Monkey Island, chiudendo nel migliore dei modi la "stagione d'oro" delle avventure grafiche. La pubblicazione di Grim Fandango non venne immediatamente salutata dal successo e, nonostante negli anni successivi gli incassi avrebbero largamente ripagato i costi di sviluppo, il gioco fu considerato un flop. Ciò scoraggiò la LucasArts ad impegnarsi in altri progetti ad alto rischio economico come ormai venivano considerati gli adventure classici.
Il pubblico era cambiato. L'avvento dei giochi d'azione in 3D (come Tomb Raider) stava ormai modificando i gusti dei giocatori che cominciavano a non mostrare lo stesso interesse d'un tempo per la riflessività ed i ritmi lenti propri delle avventure grafiche. Anche la Sierra cominciava a nutrire più di un dubbio sullo stato di salute di questo genere (almeno nelle forme tradizionali dell'avventura punta e clicca); lo prova la brusca virata impressa alla saga di King's Quest che, in occasione del suo ottavo ed ultimo episodio, finì per abbracciare la forma dell'action RPG.
Non è esagerato sostenere che esista un prima ed un dopo Grim Fandango: un titolo che si configura come spartiacque tra il vecchio ed il nuovo. Dopo il titolo di Schafer, infatti, il genere degli adventure non sarà mai più lo stesso.


Prossimamente la terza e ultima parte
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08/12/2014 11:20
 
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full throttle e grim fandango [SM=x2584254]
che avventure magnifiche
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Manca Beneath a Steel Sky. [SM=x4217107]
08/12/2014 11:50
 
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Re:
MatthewDeschain, 08/12/2014 11:29:

Manca Beneath a Steel Sky. [SM=x4217107]




Non me ne sono dimenticato tranquillo. In pratica, fondamentalmente la retrospettiva finisce qui, ma diciamo che ci sarà comunque una terza parte [SM=x2584191]
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08/12/2014 11:51
 
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Re: Re:
Jake"thesnake"Roberts, 08/12/2014 11:50:




Non me ne sono dimenticato tranquillo. In pratica, fondamentalmente la retrospettiva finisce qui, ma diciamo che ci sarà comunque una terza parte [SM=x2584191]




E metti, o nel caso gioca, I have no mouth and i must scream. Angosciante. [SM=x2948028]
08/12/2014 11:56
 
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Re: Re: Re:
MatthewDeschain, 08/12/2014 11:51:




E metti, o nel caso gioca, I have no mouth and i must scream. Angosciante. [SM=x2948028]




Lo giocai su PC parecchio tempo fa, anche se non lo giocai a fondo.
Lo ricordo ed era come dici tu davvero angosciante e clustrofobico, ma basta tradurre per farti capire di cosa si tratta. :mattedj:
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08/12/2014 11:59
 
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Re: Re: Re: Re:
Jake"thesnake"Roberts, 08/12/2014 11:56:




Lo giocai su PC parecchio tempo fa, anche se non lo giocai a fondo.
Lo ricordo ed era come dici tu davvero angosciante e clustrofobico, ma basta tradurre per farti capire di cosa si tratta. :mattedj:




Beh il racconto di Ellison è davvero traumatico..... [SM=x3221968]
08/12/2014 12:01
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
MatthewDeschain, 08/12/2014 11:59:




Beh il racconto di Ellison è davvero traumatico..... [SM=x3221968]




Parecchio tempo dopo venni a sapere che era tratto da un libro. Com'è il racconto? figo?

P.S. Comunque parlerò anche di questo titolo nella terza parte [SM=x2584176]
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08/12/2014 12:57
 
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full throttle è stato in assoluto il mio primo gioco (se non contiamo gli arcade tipo snake, arkanoid), mi vengono i lacrimoni a ripensarci... gran bel gioco


Ben [SM=x2584279]
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08/12/2014 13:31
 
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jake mi aspetto qualcosa anche su la saga di AC
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Re: Re: Re: Re: Re: Re:
Jake"thesnake"Roberts, 08/12/2014 12:01:




Parecchio tempo dopo venni a sapere che era tratto da un libro. Com'è il racconto? figo?

P.S. Comunque parlerò anche di questo titolo nella terza parte [SM=x2584176]




E' un racconto brevissimo, non so se arriva a una decina di pagine. In rete si trovo, molto consigliato. [SM=x2609528]
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Re:
= D-Wade =, 08/12/2014 13:31:

jake mi aspetto qualcosa anche su la saga di AC




Animal Crossing? [SM=x3465481]
08/12/2014 17:53
 
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Re: Re:
.StraightEdge., 08/12/2014 15:31:




Animal Crossing? [SM=x3465481]




[SM=x2584913]


Comunque per Assassin's creed vedremo in primis per il fatto che nonostante gli innumerevoli giochi fondamentalmente è "nuovo" come titolo, ma nel contempo ci penserò visto che seppur mi ha un pò deluso Unity sono un fan della serie.
[Modificato da Jake"thesnake"Roberts 08/12/2014 17:54]
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Grandissimo Jake!

Però secondo me Sam & Max meritavano una menzione.
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09/12/2014 00:15
 
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Ecco, che non ci siano Sam & Max è un po' un delitto.
Per il resto, questo è il periodo che mi piace.

The Dig, Full Throttle, Monkey Island 3...sono i primi giochi che ho giocato quando ho iniziato ad usare il PC.
Li amo alla follia tutti e tre, dopo di loro solo un paio di cose tipo Hollywood Monster e Runaways mi hanno un po' fatto apprezzare questo genere.
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