Questa è sicuramente una domanda adatta per questo topic. L'abiogenesi, ovvero la nascita di vita dalla non vita, è un campo di studio relativamente recente. Ma vista la natura del problema, è quasi certo che le esatte circostanze in cui, per la prima volta, 3.7 miliardi di anni fa, qualcosa è diventato vivo, sfuggiranno per sempre alla scienza. Ma la ricerca ci può aiutare almeno a capire cos'è possibile e cosa non lo è, cosa è probabile e cosa non lo è, e anche aiutarci a capire se è possibile la vita su altri mondi, e, persino che cos'è la vita stessa.
Perché, effettivamente, prima di chiedersi come hanno fatto a formarsi le prime forme di vita, è il caso di chiedersi cos'è, poi, questa vita. Il fatto è che è una cosa estremamente difficile da definire, è più in profondità si va a scavare più la questione diventa complicata. É un po' come la definizione di gene: se chiedete la definizione di gene ad uno studente, vi risponderà, anche con una certa sicumera, con una sfilza di termini accuratamente misurati per renderlo una specie di slogan da recitare a comando; un dottorando comincerà certamente a farvi le pulci... E il mio professore di Genetica ha avuto bisogno di svariate ore e una sfilza di slide per arrivare ad una vaga approssimazione di "gene".
Ecco, definire vita è ancora più complicato. Erwin Schroedinger, il fisico quello del gatto, scrisse un importantissimo libro negli anni 40 o giù di lì, chiamato " Cos'è la vita? ", praticamente facendo diventare la biofisica una disciplina vera (dieci anni dopo, Francis Crick, un biofisico, contribuisce alla scoperta della struttura del DNA), in cui propone che la caratteristica principale dei sistemi viventi è la capacità di autoassemblarsi contro la normale tendenza all'entropia, al disordine energetico, dell'universo. Schroedy ha anche ragione, ma è una definizione un po' tanto ampia. Per quello che ci interessa ai fini di questa discussione, una definizione utile (anche se tutt'altro che definitiva) è quella che viene usata in campo astrobiologico dalla Nasa:
" La vita è un sistema chimico, autoreplicante , sottoposto ad evoluzione darwiniana ". E' immediato, ed ha la convenienza di permetterci di stabilire chiaramente dove inizia, e dove finisce la vita.
Ora, si da il caso che anche le più semplici cellule moderne siano l'invidia di tutti i nanotecnologi moderni, e, probabilmente, di svariate generazioni a venire. Avere un vantaggio di quasi quattro miliardi di anni si fa sentire, e i meccanismi proteici che alimentano la vita anche di un umile batterio sono in grado di far girare la testa. Ora, certamente sappiamo che in moltissime condizioni, gli aminoacidi, i monomeri, i mattoni che costituscono le proteine, sono in grado di formarsi spontaneamente, come dimostrarono Urey e Miller nei famosi esperimenti che negli anni 50, diedero, de facto, l'origine allo studio dell'origine della vita (Terribile gioco di parole). Ma già ad arrivare dagli aminoacidi alle proteine è un problema, perché, nelle cellule moderne, servono proteine per fare altre proteine. E come se questo non bastasse, anche per la duplicazione del DNA servono una quantità spropositata di proteine che aprono, smontano e manipolano in decine di modi diversi ed indispensabili il DNA.
Il paradosso è che per fare la vita servono le proteine, e per fare le proteine servono proteine, oltre al DNA che contenga le informazioni per trascrivere quelle stesse proteine! Come diavolo può essersi formato un sistema così complesso ? Alessandro Magno sarebbe stato contento della risposta che abbiamo: buttiamo via DNA e proteine, e partiamo da qualcosa di completamente diverso. Quella cosa, lì, l'RNA, parente monco del DNA, sembra un'idea promettente. In fondo, quando si deve fare una proteina, non si copia direttamente il DNA: il DNA crea una sequenza di RNA, che poi va nel ribosoma, la fabbrica di proteine della cellula fatta, sostanzialmente, da RNA, per trascrivere finalmente la proteina.
Uh, a quanto pare, nelle cellule moderne abbiamo i fossili di quello che, probabilmente, era un mondo a RNA. Da qualche parte, in fondo, bisogna pure cominciare. Ora, l'RNA, come il DNA, è un polimero: i suoi costituenti sono nucleotidi, e ciascun nucleotide è composto da uno zucchero (ribosio), un fosfato, e una base azotata. Quindi la domanda diventa: da dove vengono questi componenti, e come facciamo ad assemblarli ?
Il fosfato è comodo, perché basta fosfato inorganico. Il fosforo è estremamente reattivo, il che significa che, dovunque sia, non starà inerte. Ciò significa anche che si legano in minerali facilmente, e in questo caso il fosforo diventa, ci siete sicuramente arrivati da solo, fosfato. E uno è andato.
Le basi azotate si possono formare spontaneamente da acqua, acetaldeide e cianuro, tutti composti certamente abbondanti nell'atmosfera primordiale. Il fatto che il cianuro sia probabilmente stato alla base dell'origine della vita è deliziosamente ironico.
Sappiamo anche, da più di un secolo, che gli zuccheri si possono formare scaldando una soluzione alcalina di formaldeide, un altro composto che certamente era presente in abbondanza nel brodo primordiale. Il problema, però è avere gli zuccheri del tipo giusto, cioè il ribosio: e si dia il caso che il ribosio si forma sì facilmente, ma in una soluzione anche debolmente alcalina, si smonta con altrettanta facilità. Il problema di come il ribosio possa essere diventato abbondante sulla terra visto l'ambiente in cui era è ancora abbastanza aperto, anche se ci sono soluzioni promettenti.
Ah, ricordate quando ho detto che il fosfato era andato ? Ho mentito. Perché se è vero che c'è una relativa abbondanza di minerali fosfati, è anche vero che questi fanno una fatica matta a sciogliersi in acqua. Niente sulla terra sembra poter risolvere questo problema: si parlava delle bocche vulcaniche, che risolverebbero il problema di rilasciare i fosfati, ma, dannazione, il calore smonta anche tutto il resto...
Fortunatamente non dobbiamo limitarci alla terra per trovare soluzioni. Perché, per ragioni completamente differenti, Mattew Pasek, un geologo che stava giocando con dei meteoriti, ha scoperto che immergendo un particolare minerale spaziale in acqua, (uno dei componenti più comuni dei meteoriti, tra l'altro) questo rilascia una quantità assurda, al limite del blasfemo, non solo di fosforo, non solo di fosforo disciolto in acqua, ma di una forma di fosforo che spontaneamente ha la tendenza a reagire con composti a base di carbonio e a formare fosfati.
Benone! Abbiamo tutte e tre le componenti principali, che si formano tutto sommato spontaneamente nella terra primordiale. Siamo a cavallo, no? Si tratta solo di mettere insieme i pezzi di lego... Peccato che questo sia il problema singolarmente più difficile per quanto riguarda la chimica prebiotica, roba che generazioni di scienziati ci han perso il sonno la notte e non son riusciti a cavare un ragno dal buco.
Almeno fino al 2005. Perché a quel punto, un team di eroi dell'università di Manchester, ha deciso di buttare nel cesso tutto il buon senso che avevano, e di dire: ok, smettiamo di cercare di mettere insieme i pezzi di lego, e buttiamo dentro quello che serve per fare i mattoncini del lego: formaldeide, acetaldeide, acqua, fosfato, e compagnia cantante. Salta fuori che il fosfato funziona da catalizzatore per certe reazioni che normalmente non potrebbero avvenire se non in condizioni assurde, scatenando una dozzina di meccanismi a catena che ci danno dei nucleotidi! E la cosa più gustosa è che le prime reazioni nella catena, favoriscono ulteriormente le reazioni successive, creando un meccanismo che si promuove da solo verso la creazione dell'RNA!!! Yuppi!
Cosa? Non si attaccano solo nel modo giusto ma in tutta una serie di modi strani nello spazio, a dare composti che danno gli incubi ai biochimici ? Che palle però. Uno non può gioire un momento, che subito c'è un ma... Uff. Ma almeno sono stabili ? Ah, solo se non li bombardi di raggi UV... E che succede se li bombardi con raggi UV ? Ah, sfasci tutti i nucleotidi, tranne quelli assemblati correttamente a dare nucleotidi con C e U... Ehi, ma questo è quello che ci serve! Dici che l'atmosfera non lascerebbe mai passare abbastanza raggi UV? Ma, veramente, l'atmosfera primordiale era molto diversa, e, tra l'altro, filtrava solo in minima parte i raggi UV! Sì, lo so che però ci mancano i nucleotidi A e G, non scassare la minchia, ci pensiamo un altro giorno.
Adesso abbiamo i nucleotidi che vogliamo, tutto quello che ci manca e polimerizzarli e farne una bella collanina. In acqua, questo non succede spontaneamente, ma negli anni 90, Jim Ferris e un agguerrito gruppetto di altri scienziati hanno dimostrato che minerali argillosi fanno da stampo, e permettono ai nucleotidi di assemblarsi facilmente in catene lunghe fino a un centinaio di nucleotidi avvicinandoli e orientandoli nella maniera giusta, un po' come fa la marmitta catalitica di un auto per tirar fuori CO2 da altri composti.
E' una buona cosa, ma normalmente i geni moderni sono lunghi svariate migliaia, e in alcuni casi anche milioni, di nucleotidi. E in ogni caso avere la collanina non ci basta, perché la collanina deve saper duplicarsi da sola, in maniera accurata ma non troppo, in modo da poter iniziare l'evoluzione. Andare e moltiplicarsi diventa il problema. Nelle cellule moderne ci sono proteine che fanno questo lavoro, ma non non abbiamo proteine da infilare nell'equazione. Ma abbiamo anche detto che i ribosomi sono fatti principalmente di RNA, e fanno proteine... Non si riesce a trovare un RNA che faccia altro RNA ?
Degli stoici ricercatori dell'MIT, sotto la guida dell'inossidabile David Bartel, hanno preso micropipetta e camice, e hanno costruito OLTRE UN MILIONE DI MILIONI (>1,000,000,000,000) di sequenze casuali di RNA. Quindi hanno preso la frazione di esse che avevano capacità catalitica, e le hanno cominciate a copiare. Copiatura imperfetta, inevitabilmente: e quindi in queste sequenze catalitiche c'erano mutazioni, che potevano farle funzionare meglio, o peggio. In questo modo, sono riusciti a creare RNA in grado di catalizzare la sintesi di altre catene di RNA. Sfortunatamente, per riuscire a copiare loro stesse, queste catene di RNA hanno bisogno di avere in soluzione già altre catene di RNA, troppo lunghe per essersi accumulate spontaneamente. Nonostante ciò, questi esperimenti suggeriscono che l'RNA è in grado di catalizzare la sua stessa replicazione, la prima condizione necessaria per creare vita. Siamo ancora lontani da qualcosa che ricordi anche solo vagamente una cellula moderna, ma abbiamo qualcosa che, con un po' di immaginazione, possiamo chiamare proto-vita.
Ora, facendo per un momento finta che siamo realmente arrivati a RNA in grado di replicarsi da solo, abbiamo ancora un bel pezzo di strada da fare per arrivare a qualcosa che possa essere una protocellula, l'antenato comune di tutte le forme di vita esistenti. Per fare una cellula ci serve qualcosa che stabilisca un confine tra l'ambiente interno e l'ambiente esterno: la membrana cellulare. Nelle cellule moderne la membrana cellulare è composta da un doppio strato di fosfolipidi e altre molecole oleose come il colesterolo, che creano una barriera quasi impenetrabile a molecole grosse: tanto che, le membrane moderne hanno bisogno di tutta una serie di proteine di membrana che funzionino come pompe e cancelli per entrare ed uscire dalla cellula. Ma la nostra proto-vita non sa ancora cosa siano le proteine, e quindi dobbiamo partire da qualcosa di ancora più semplice.
Le membrane primitive erano probabilmente composte da più semplici acidi grassi, molecole più piccole che sono tra i componenti dei fosfolipidi, che hanno la tendenza spontanea a formare vescicole, perché, normalmente, hanno un estremità polare e una apolare, il che significa che hanno un lato preferito da rivolgere in acqua. Queste membrane cominciano come sfere, e poi si allungano in filamenti quando assorbono altri acidi grassi vicini assemblandosi in delle vescicole allungate, stile cannucce.
Le membrane sbarazzine che fagocitano i vicini al microscopio
Ora, queste membrane sono abbastanza penetrabili da far entrare dei nucleotidi, al contrario delle loro controparti moderne. Ma per avere veramente una protocellula, questa deve essere capace di dividersi, mentre questa, invece, si ingrossa continuamente... Ma più diventa lunga e grossa, più diventa fragile, tanto che anche una piccola agitazione meccanica è in grado di sbriciolarle. Ma quando si sbriciola, non tornan ad essere acidi grassi disciolti, ma altre vescicole sferiche come quelle da cui siamo partiti, grossomodo tutte della stessa dimensione. Questo ci suggerisce che le prime protocellule potevano formarsi e duplicarsi senza bisogno di complessi apparati, ma con un piccolo aiuto esterno.
Uno scenario abbastanza accreditato è questo: immaginiamo, da qualche parte sulla terra primordiale, una regione vulcanica. L'attività vulcanica della terra primordiale era enorme, e ciò è un bene, perché il sole ci scaldava molto meno quei quattro miliardi di anni fa, e noi abbiamo bisogno di un gradiente termico. In una pozza d'acqua in questa regione, si forma una corrente convettiva, che non solo muove l'acqua, ma da anche quel quid di energia extra utile a favorire alcune reazioni. Sul lato freddo, un filamento di RNA viene intrappolato in una vescicola. Così protetto, non degrada quando la corrente convettiva lo porta sul lato caldo, ma anzi raccoglie con il suo movimento nucleotidi complementari, diventano un doppio filamento di RNA. Il doppio filamento si lega saldamente, tanto che quando la sacca di lipidi con dentro l'RNA è sul lato freddo della cella convettiva, la protocellula è totalmente stabile, e mangia altri acidi grassi maturando ed aumentando di dimensioni. Una volta tornati sul lato caldo, l'energia extra divide il doppio filamento in due filamenti separati. Se la cellula ha raggiunto dimensioni sufficienti, la corrente stessa la sbriciolerà in tante vescicole sferiche di acidi grassi. In due di quelle vescicole, ci saranno due filamenti di RNA. Nel momento in cui scatta questo ciclo, scatta anche un primo meccanismo evolutivo.
La copiatura dell'RNA non è ancora fedele come quella moderna, e una quantità notevole di varianti viene messa al vaglio della selezione naturale. Le sequenze in grado di piegarsi in modo tale da separarsi più facilmente al caldo, ad esempio, saranno copiate più volte di quelle che fanno una fatica boia a separarsi. Finché, un giorno, una sequenza di RNA diventa in grado di catalizzare la duplicazione di se stessa. Nasce il primo ribosoma, e, vista la definizione che abbiamo dato all'inizio, nasce veramente la vita. L'evoluzione parte ad una velocità impressionante, perché le risorse sono poche, le innovazioni possibili pressoché infinite, e le mutazioni molteplici. Nulla deve essere sprecato: se nell'ambiente ci sono un sacco di aminoacidi, o precursori di aminoacidi, una protocellula in grado di sfruttarli avrebbe un vantaggio sconvolgente. Questo passo, quando le prime protocellulle hanno imparato a usare le proteine, è uno di quelli su cui si concentra di più la ricerca attuale.
Sistemi complessi di catalizzatori RNA creano le prime proteine. Queste sono infinitamente più versatili e le loro materie prime reciclabili e diffusissime. Nel giro di poche centinaia di migliaia di anni, le proteine prendono il controllo. Gli enzimi, catalizzatori su base proteica e non più nucleica, prendono il controllo. Nascono le prime proteine di membrana, che si fa più solida e impenetrabile. Una membrana più impenetrabile, però, significa meno nucleotidi liberi che entrano nella protocellula. L'RNA viene quindi lentamente scartato come depositario del materiale genetico della cellula, ruolo che viene assunto dall'appena inventato DNA, lasciando all'RNA il ruolo di tramite tra DNA e Proteine. Quello che abbiamo ora è sostanzialmente un primitivo procariota, la prima cellula, l'antenato di tutte le forme di vita sulla terra. Il mondo a RNA ha lasciato spazio al mondo a DNA, e la vita come la conosciamo ha inizio. Basta aspettare un mezzo miliardo di anni, e viene inventata la fotosintesi; un altro miliardino e abbiamo i primi eucarioti; E, soltanto un miliardo di anni fa, certi organismi decidono che l'unione fa la forza, e diventano multicellulari.
Da loro a noi, è tutto in discesa.