“Quando, alla fine, l’esplosione ci fu (a Chernobyl) i morti furono 3. E furono 3 perché quella di Chernobyl non fu un’esplosione nucleare, né poteva esserlo: per ragioni tecniche che spiegherò un’altra volta, un’esplosione nucleare in un reattore nucleare è impossibile.” FALSO Se si parla di persone che sono morte direttamente nell’incidente, le stime ufficiali parlano di un totale di circa 50 decessi [1][2], di cui 28 nel 1986 per Sindrome Acuta da Radiazioni [3].
“Per capirne meglio la portata, dovete poi sapere che per produrre 1 gigawatt-anno elettronucleare è necessaria 1 t (tonnellata) di uranio fissile.” VERO MA INCOMPLETO. L’uranio fissile che viene citato è l’uranio-235. Il combustibile nucleare è costituito da ossido d’uranio composto all’incirca per il 5% da uranio fissile e per il 95% da uranio-238. Il funzionamento di un reattore da 1 gigawatt per un anno richiede, in media, 27 tonnellate di combustibile nucleare, di cui circa una tonnellata è uranio-235. Quindi ogni anno dal reattore vengono prelevate 27 tonnellate di combustibile esaurito [4].
“I consumi elettrici italiani si attestano, oggi, a 40 GW, quindi se tutto il fabbisogno elettrico italiano fosse soddisfatto dal nucleare, gli elementi di combustibile (che contengono il 99% della radioattività) conterrebbero 40 t di scorie radioattive, di volume nominale di circa 4 metri cubi.” FALSO Ogni anno un reattore da 1 GW produce 27 tonnellate di combustibile esaurito [4]. Anche riprocessando il combustibile, ovvero recuperando l’U-238, si avrebbero 4 tonnellate di scorie, con un volume nominale di 3 metri cubi [4]. Se si producessero 40 GW, verrebbero quindi generate all’anno 160 tonnellate di scorie con un volume nominale di 120 metri cubi (che salirebbero, considerando i contenitori, a 1120 metri cubi totali) [4].
“Un’altra scemenza che viene detta e a pappagallo ripetuta è che le scorie radioattive sarebbero pericolose per migliaia di anni. […] la pericolosità dei rifiuti radioattivi diminuisce nel tempo, fino ad esaurirsi del tutto”. Se è una scemenza, perché la NRC statunitense richiede che un deposito permanente di scorie radioattive sia progettato in modo da non rilasciare nell’ambiente circostante una quantità di radiazioni superiore a 15 millirem annui per almeno 10 mila anni? [5] Le scorie nucleari prodotte da un reattore contengono diversi elementi, che decadono emettendo radioattività. Per capire quanto tempo un elemento impiega per trasformarsi in uno innocuo si parla di tempo di decadimento o di dimezzamento, ovvero il periodo di tempo dopo il quale metà degli atomi di un elemento radioattivo si sono trasformati in un altro elemento meno pericoloso. Lo stronzio-90 e il cesio-137 hanno un tempo di dimezzamento di 30 anni, mentre il plutonio di 24 mila anni [6]. Se è una scemenza, perché le scorie nucleari di categoria III sono definite come materiali con tempi di decadimento dell’ordine di migliaia di anni ed oltre? [9][10]. E’ vero che la radioattività di un elemento diminuisce nel tempo fino ad esaurirsi, ma questo periodo varia da pochi secondi a miliardi di anni.
“L’allocazione sicura dei rifiuti radioattivi, lungi dall’essere un problema irrisolto, è invece, dicevo, un problema di ingegneria semplicissimo e facilmente risolvibile.” SCANDALOSAMENTE FALSO. Perché non ne parla con gli americani, che hanno iniziato a costruire nel 1983 un deposito unico nazionale a Yucca Mountain, passando anni a studiare le caratteristiche geologiche, sismiche, idrologiche del sito? Se è un problema semplicissimo perché hanno speso finora circa 13 miliardi di dollari [7] e stimano una spesa totale, fino al 2133 (anno di chiusura del sito) di 96 miliardi di dollari [7]? L’allocazione dei rifiuti radioattivi richiede requisiti molto più stringenti rispetto a quelli per la costruzione delle centrali [8].
“Energia elettronucleare o no, il Paese produce rifiuti radioattivi, e allocarli in un appropriato deposito come fa tutto il resto del mondo non è un’opzione, ma un dovere, verso noi stessi e verso le generazioni future.” TENDENZIOSAMENTE IMPRECISO. I rifiuti radioattivi non sono tutti uguali, ma sono suddivisi in tre categorie in base alla pericolosità. La categoria I, a bassa emissione, è costituita da rifiuti che decadono in pochi mesi (massimo alcuni anni) e in breve tempo diventano innocui. La categoria II, a media emissione, è costituita da materiali con tempi di decadimento variabili da qualche decina fino ad alcune centinaia di anni per raggiungere concentrazioni di radioattività dell’ordine di alcune centinaia di Bq/g. I rifiuti più radioattivi, prodotti dalle centrali nucleari, sono quelli di categoria III, definiti come materiali con tempi di decadimento dell’ordine di migliaia di anni ed oltre [9][10]. I rifiuti radioattivi prodotti dalle strutture ospedaliere sono di I e II categoria, e richiedono uno stoccaggio senza troppi problemi. Altra questione è quella dei rifiuti di III categoria.
Dalle colonne de “Il Giornale”, il professor Battaglia continua a disinformare i suoi lettori con affermazioni ai confini della realtà, giocando con le parole e fornendo cifre fantasiose. Il fatto di scrivere per un quotidiano con un pubblico generico non giustifica le semplificazioni e le banalizzazioni con cui riempie i suoi articoli. Alcune imprecisioni sono al limite della malafede.
Riferimenti:
[1] Quando si parla dei decessi dovuti all’incidente di Chernobyl si devono citare delle stime, spesso difficili da effettuare. Infatti, una quantità enorme di persone è stata esposta a radiazioni dovute all’incidente e tali radiazioni hanno aumentato l’incidenza di tumori. Le stime valutano la quantità di tumori (con esito fatale) causata dalle radiazioni. Se seguissimo il ragionamento del Prof. Battaglia, allora le sigarette sarebbero innocue per la salute: si è mai vista una persona morire direttamente del fumo inalato dalla sigaretta? No, perché la loro pericolosità consiste nell’aumento dell’incidenza del tumore ai polmoni. Ma anche l’inquinamento atmosferico causa la stessa patologia. È quindi necessario svolgere delle stime sull’aumento dell’incidenza dei tumori dovuta direttamente dal fumo.
[2] IAEA, WHO, UNDP, “Chernobyl: The True Scale of the Accident”, Press Release, 2005, Sito web:
www.iaea.org/NewsCenter/Focus/Chernobyl/pdfs/pr.pdf
[3] The Chernobyl Forum: 2003–2005, “Chernobyl’s Legacy: Health, Environmental and Socio-Economic Impacts”, Second revised version, April 2006, Sito web:
www.iaea.org/Publications/Booklets/Chernobyl/chernobyl.pdf
[4] World Nuclear Association, “Waste Management in the Nuclear Fuel Cycle”. June 2009. Sito web:
www.world-nuclear.org/info/inf04.html
[5] U.S. National Regulatory Commission, “U.S. Disposal of High-Level Radioactive Wastes in a geologic repository at Yucca Mountain, Nevada”. Sito web:
www.nrc.gov/reading-rm/doc-collections/cfr/part063/full-t...
[6] U.S. National Regulatory Commission, “Backgrounder on Radioactive Waste”. Sito web:
www.nrc.gov/reading-rm/doc-collections/fact-sheets/radwa...
[7] U.S. Department of Energy Office of Civilian Radioactive Waste Management, “Analysis of the Total System Life Cycle Cost of the Civilian Radioactive Waste Management Program”, Fiscal Year 2007. Sito web:
www.ocrwm.doe.gov/uploads/1/TSLCC_2007_8_05_08_1.pdf
[8] U.S. National Regulatory Commission, Code of Federal Regulations, § 60.122 Siting criteria. Sito web:
www.nrc.gov/reading-rm/doc-collections/cfr/part060/part060-0...
[9] E. Bemporad, M. Mariani e C. Zicari, Classificazione e tecniche procedurali per la gestione dei rifiuti radioattivi, ISPSEL. Sito web:
www.ispesl.it/urp/documenti/AS-2007-13-BEMPORAD.pdf
[10] ANPA, Gestione dei rifiuti radioattivi, Guida Tecnica n.26. Sito web:
extranet.regione.piemonte.it/ambiente/simin/normativa/dwd/altr...