“Gheddafi mi vuole morto Lo so che me l’ha giurata» Berlusconi teme la vendetta del Kaìs di Tripoli Scosso e nervoso Dev’essere successo qualcosa se Berlusconi in questi giorni si mostra più nervoso del solito e appare scosso «L’ho saputo da mie fonti certe» Mi vuole morto». E stavolta non è una metafora, stavolta non c’entrano la politica, la giustizia o la finanza, stavolta Berlusconi si riferisce proprio alla morte fisica, «perché così Gheddafi ha deciso. Lui me l’ha giurata».
Da quando l’Italia si è schierata nel conflitto libico, il Cavaliere ha sempre convissuto con questa paura latente, che si rinnovava a ogni informativa dei servizi: d’altronde la lista dei possibili obiettivi terroristici comprende altri capi di Stato e di governo che fanno parte della coalizione internazionale. Dev’essere però successo qualcosa se Berlusconi in questi giorni si è mostrato più nervoso del solito, se — affrontando l’argomento — ha sostenuto di sentirsi davvero «nel mirino» del Colonnello e di temere non solo per sé ma «anche per la mia famiglia». Per interpretare lo stato d’animo del premier bisognerebbe decrittare un inciso del suo ragionamento — «l’ho saputo da mie fonti certe» —che lascia intuire come stavolta la notizia non gli sia arrivata attraverso i canali ufficiali dell’intelligence: «Sono in pericolo di vita, e purtroppo non solo io ma anche i miei figli. L’ho saputo da mie fonti certe che Gheddafi ha dato disposizione di farmi fuori. “Lo dovete ammazzare”, così ha detto». Non è dato sapere quali siano queste «fonti certe», è certo che Berlusconi è parso scosso, e la confidenza è stata quasi liberatoria, se è vero che il suo ragionamento era partito dall’analisi della situazione politica interna, dai motivi della crisi di consensi del Pdl.
«A Tripoli c’erano manifesti giganti che mi ritraevano con Gheddafi mentre ci stringevamo la mano. E lui ha preso il nostro intervento militare come un tradimento». Che fosse contrario al conflitto è noto, «a suo tempo — ha ricordato — avevo messo in guardia i nostri partner internazionali, e anche in patria avevo spiegato che l’operazione non sarebbe stata facile, e che ci avrebbe potuto danneggiare». Fin dalle prime fasi della missione aveva manifestato il proprio scetticismo:
«Non penso che la guerra sarà breve e temo anche che sarà difficile interporre una mediazione con Gheddafi. Dopo essere stato il leader di una rivoluzione, non credo sarà disposto ad andare in esilio. Perciò non vedo una soluzione. E a dir la verità nessuno sa come andrà a finire». Prima di schierarsi a fianco della Nato, il suo atteggiamento dilatorio gli aveva attirato critiche in Italia e all’estero: «Poi, davanti alle pressioni degli Stati Uniti, alla presa di posizione di Napolitano e al voto del nostro Parlamento, che potevo fare? Non sono solo io a decidere. Ma vai a spiegarlo a chi è abituato a comandare, come Gheddafi. Le regole della democrazia non le capisce».