Ennesima legge-bavaglio

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AtomBomb
00mercoledì 24 ottobre 2012 09:51
Salva Sallusti, ora spunta la norma contro gli editori di libri-inchiesta

Non solo intimidazione per i giornalisti. All'articolo 1 del testo licenziato dalla commissione Giustizia del Senato, per eliminare la pena del carcere, è stato inserito anche un comma (il 6) l'obbligo di pubblicazione della rettifica "su due quotidiani a tiratura nazionale" anche per la "stampa non periodica", ossia i libri

Dal carcere all’intimidazione economica per i giornalisti. Non solo. Anche un bavaglio per gli editori di libri-inchiesta. La nuova legge sulla diffamazione a mezzo stampa, approvata dalla commissione Giustizia e che sarà discussa in aula a partire da mercoledì mattina, è il più pesante tentativo fatto fino ad oggi della politica di tenere il guinzaglio sempre più corto all’informazione. Con la scusa della fretta determinata dall’esigenza di salvare Sallusti, i partiti hanno concordato all’unanimità di rendere le spine dorsali dei giornalisti meno solide con il ricatto economico. Il massimo della pena, 100mila euro, contenuto nell’articolato e che il giornalista sarà chiamato a rifondere personalmente, rappresenterà una minaccia molto seria soprattutto per tutti quei giornalisti che vorranno, in futuro, stuzzicare il potere. Senza essere ricchi di famiglia. Il fatto che stia per cambiare la legge, non renderà infatti meno battuta la pratica della querela intimidatoria, molto in voga nel “potere” della Seconda Repubblica. E, in caso di condanna, per il cronista scatterà comunque l’interdizione dalla professione per un periodo da uno a sei mesi. La multa, si dice nel testo, verrà commisurata – da parte del giudice – rispetto alla gravità del fatto e alla diffusione della testata.

Ma viene previsto l’obbligo di rettifica senza commento e senza limite di righe, la pubblicazione per esteso delle sentenze di condanna (tavolta lunghe anche 20 pagine), sanzioni di 5mila euro in caso di omessa rettifica, il blocco dei contributi all’editoria, l’obbligo di rettifica anche per gli editori di libri e persino la cancellazione di articoli dai siti internet, mettendo in questo modo a repentaglio gli archivi informatici. E non solo quelli dei giornali.

La politica ha voluto anche che restasse l’interdizione dalla professione giornalistica in caso di recidiva che potrà essere prolungata fino a tre anni in caso di recidiva reiterata. Infine, anche una novità: l’aggravante della diffamazione organizzata, un emendamento battezzato dalla stessa relatrice, Silvia Della Monica (Pd) come “anti-macchina del fango“. Quando, cioè, più giornalisti concorrono dolosamente all’attribuzione di un fatto determinato (poi ritenuto diffamatorio).

Non solo. Poteva mancare un bavaglio anche per i libri? Assolutamente no. All’articolo 1 del testo licenziato dalla commissione Giustizia del Senato, per eliminare la pena del carcere, è stato inserito anche un comma (il 6) che prevede, come si diceva, che l’obbligo di rettifica non varrà solo per quotidiani, periodici e testate giornalistiche diffuse in via telematica, ma anche per la “stampa non periodica“, ossia i libri.

La norma obbliga alla rettifica con pubblicazione entro sette giorni dalla richiesta su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla persona offesa, “con adeguato rilievo e idonea collocazione e caratteristica grafica; la pubblicazione in rettifica deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l’ha determinata”. In pratica, si obbligano gli editori dei libri ad acquistare pagine dei giornali per rettificare quello che i loro autori hanno scritto ed è stato considerato diffamatorio.

Non c’è dubbio, un disincentivo migliore ai libri-inchiesta non si poteva trovare. Quanto ai siti internet, viene specificato che le pene si applicheranno solo “alle testate giornalistiche diffuse per via telematica”. Ma il nodo resta aperto perché c’é chi vorrebbe che fosse ulteriormente precisato che le testate online a rischio saranno solo le edizioni telematiche dei giornali cartacei e chi, come il Pdl, vorrebbe che la stretta fosse ancora più stringente includendo tutte le pubblicazioni web (e quindi anche i blog). Nel principio del diritto all’oblio, fermo restando il diritto di ottenere la rettifica o l’aggiornamento delle informazioni la persona può chiedere ‘ai siti internet e ai motori di ricerca l’eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali’. L’interessato ‘in caso di rifiuto o di omessa cancellazione dei dati’ può chiedere ‘al giudice di ordinare ai siti internet e ai motori di ricerca la rimozione delle immagini e dei dati ovvero di inibirne la diffusione’. In caso di inottemperanza, oltre alla rimozione del contenuto ritenuto diffamatorio, i soggetti responsabili dei siti internet rischiano anche una multa da 5 mila ai 100 mila euro. Al comma 3 arriva anche una singolare apertura sulle coppie di fatto: ‘In caso di morte dell’interessato’ il diritto alla rimozione delle immagini e dei contenuti da tutti i siti internet può essere esercitato anche ‘dagli eredi o dal convivente’, e quindi anche da un convivente gay. L’articolo entrerebbe con l’approvazione di un emendamento a firma del senatore del Pdl Giuseppe Valentino, avvocato penalista di Reggio Calabria.

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Vennegoor of Hesselink
00giovedì 25 ottobre 2012 16:48
Non è abbastanza anti-costituzionale?

Cmq hanno rotto il cazzo, ogni anno la ripropongono e ogni anno viene fortunatamente bocciata.
Non si possono mandare fuori dai coglioni i senatori che la propongono?
AtomBomb
00giovedì 25 ottobre 2012 19:14
Re:
Vennegoor of Hesselink, 25/10/2012 16:48:

Non è abbastanza anti-costituzionale?

Cmq hanno rotto il cazzo, ogni anno la ripropongono e ogni anno viene fortunatamente bocciata.
Non si possono mandare fuori dai coglioni i senatori che la propongono?


In Italia non è anti-costituzionale se nessuno lo fa notare [SM=x2954337]

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