Riuppo il topic perché ieri ho finito di leggere il libro, e prima di darne un giudizio finale ho voluto prendermi una giornata per pensarci su.
Innanzitutto, mi sono reso conto che l'intero libro non è altro che un modo da parte di C. per giustificare le proprie colpe. Inizia prendendola molto alla lontana, parlando di cose che riguardano gli anni 50-60 (De Gasperi, il rapporto con gli USA, Mattei, la formazione della Gladio), e fin li era molto piacevole perché tra un fatto e l'altro tu ti rendevi conto di quale fosse il pensiero generale dell'autore, che è quello che a me interessava davvero. Ma da quando inizia a parlare di BR e di Moro, cose di cui solo un coglione potrebbe non capire quanto lui avesse le mani in pasta (e si capisce benissimo anche leggendo il suo libro, che è fazioso e parziale) diventa quasi una presa in giro, che culmina nel finale in cui inneggia all'illegalità, a quanto fanno schifo i DS (non i comunisti, ma proprio la generazione DS, cioè D'Alema e co, colpevoli di "aver voluto deviare l'attenzione dallo scioglimento dell'URSS e per questo aver creato Tangentopoli), a quanto è onesto Andreotti (
), a Berlusconi. Soprattutto Berlusconi mi ha lasciato di stucco la parte su Berlusconi, il capitolo finale, in cui ne parla come se a scrivere non fosse l'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, ma un Bondi qualsiasi. Un numero elevatissimo di complimenti che risulta quasi fastidioso da leggere, anche perché sono tutte cose facilmente smentibili. Mi ha dato l'idea di un secchione che passa la vita a studiare per arrivare "in alto" e poi conosce un collega figo che si è comprato la laurea e guadagna più di lui, e data la sua natura "da secchione" tende ad esaltare questo tipo di personalità, ansiché criticarle.