Il Servizio pubblico e la cultura un binomio inossidabile

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=TheTurkish=.
00giovedì 16 maggio 2013 16:11
La Rai cancella "La storia siamo noi"
Chiusa una delle trasmissioni chiave del servizio pubblico: in dodici anni ha rievocato numerosi episodi del passato. L'anno scorso aveva vinto a New York l'History Makers International. Minoli: "Non commento"

ROMA - "La storia siamo noi", una delle trasmissioni più popolari della Rai, che ha saputo valorizzare la memoria grazie alle immagini d'archivio, le testimonianze dei protagonisti, una ricostruzione meticolosa dei fatti, chiude. Il programma debuttò il primo ottobre del 2002. Dodici anni per costruire un archivio prezioso, ma la Rai ha deciso di cancellare il programma dal palinsesto del prossimo anno: andrà in onda fino alla fine di giugno, poi andrà in soffitta. La notizia circola a Viale Mazzini, Giovanni Minoli interpellato sull'argomento, oppone un secco: "No comment".

Le immagini dell'attentato a John Fitzgerald Kennedy e le acrobazie di Roberto Benigni, la favola di Grace Kelly e il coraggio del giudice Emilio Alessandrini, passando per le guerre, i misteri italiani, i protagonisti della politica dell'industria e dello spettacolo. E poi il ritratto dei Papi, le stragi di mafia, l'inchiesta sul G8, il caso Ilaria Alpi, le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia: un mix di costume, memoria e inchiesta.

Il programma si era aggiudicato nel gennaio 2012 a New York il prestigioso History Makers International, l'Oscar del Congresso mondiale dei produttori televisivi di storia. Riconoscimento assegnato, come recita la motivazione "per l'enorme impulso che ha dato alla crescita di questo genere di approfondimento televisivo in Italia". In quell'occasione Giovanni Minoli, ideatore curatore e conduttore, spiegò come, facendo il programma, aveva avuto la conferma che "la

televisione è il più grande strumento per aiutare l'uomo a crescere. Chi non lo usa anche in questo modo si assume una responsabilità enorme. La memoria è importante: rendersi conto che a livello internazionale si accorgono di noi ci fa sperare che anche i palinsesti Rai tengano conto di più del nostro lavoro".


Per "La Storia siamo noi" parlano i numeri: ogni anno sono state trasmesse 312 ore su RaiDue e RaiTre, di cui 52 seconde serate; 1.460 ore su Rai Storia. Il costo orario medio è di 25mila euro, meno della metà delle seconde serate delle tre reti Rai. Il pubblico televisivo, in questi lunghi anni, ha seguito con lo stesso interesse i temi più diversi: dallo speciale sull'11 settembre (che ottenne il 18,70% di share) all'inchiesta sulla "strana morte" di Papa Luciani (16, 07%).

Nel maggio dell'anno scorso, quando le sorti della struttura di Minoli erano in bilico, l'Associazione documentaristi italiani scrisse una lettera aperta ai vertici Rai, l'allora direttore generale Lorenza Lei e l'ex presidente Paolo Garimberti, spiegando come solo nell'ultima stagione (settembre 2011 - giugno 2012) grazie all'apporto dei programmi "La Storia siamo noi" e "Dixit", erano state realizzate circa 50 ore con società di produzione indipendenti italiane "innescando così" si leggeva nell'appello "un indotto virtuoso di creatività e occupazione fondamentale per l'industria dell'audiovisivo. La struttura è formata da cinquanta persone, per una produzione di circa mille ore di programmazione l'anno".

Ora che succederà? La direzione generale della Rai rassicura che il percorso continuerà. "Si è chiusa l'esperienza della struttura che curava le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia" dicono a Viale Mazzini "Il budget previsto è stato speso, quindi l'esperienza è finita. È chiaro, però, che il rapporto della Rai con la cultura e la storia continuerà su Rai Educational grazie alla direttrice Silvia Calandrelli e ai nuovi progetti in cantiere, come l'appuntamento condotto da Paolo Mieli e il programma dedicato alla Prima guerra mondiale, che sarà trasmesso anche in HD. Per quanto riguarda le persone che lavoravano con Minoli, si stanno riposizionando nelle varie strutture dell'azienda. Minoli era già in pensione per raggiunti limiti d'età, gli era stato fatto un contratto per curare gli eventi legati all'Unità d'Italia. Non è escluso che in futuro la sua esperienza non possa portare a nuove collaborazioni come autore
Jake"thesnake"Roberts
00giovedì 16 maggio 2013 17:20
[SM=x3102712]


Meno male che a continuare a portare la bandiera della cultura c'è ancora l'arena di Giletti [SM=x2814258]
DX-Napoli
00giovedì 16 maggio 2013 17:23


una pessima notizia.
=TheTurkish=.
00giovedì 16 maggio 2013 17:26
Re:
Jake"thesnake"Roberts, 16/05/2013 17:20:

[SM=x3102712]


Meno male che a continuare a portare la bandiera della cultura c'è ancora l'arena di Giletti [SM=x2814258]




l'opera di rincoglionimento via televisione continua,una politica dei piccoli passi ma che porta i suoi frutti [SM=x2814258]

LightJotun91
00giovedì 16 maggio 2013 17:43
Continuiamo così, facciamoci del male.
Fight 4 Your Freedom!
00giovedì 16 maggio 2013 17:48
Xodiac
00giovedì 16 maggio 2013 17:48
Era forse il miglior programma Made in Rai. L'ho visto diverse volte e ti cattura tantissimo.

Grande mamma Rai, sostituiscilo con uno speciale sul matrimonio della Marini [SM=x2596167]

martozen
00giovedì 16 maggio 2013 17:50
Ma una motivazione l'hanno data?
Steven Seagull
00giovedì 16 maggio 2013 17:51
Anche "Le storie - Diario italiano" di Corrado Augias potrebbe chiudere, temo.
RenzWK
00giovedì 16 maggio 2013 17:58
Minoli è in pensione, ha un contratto scaduto. La Storia siamo noi è della Rai, lo farà fare a chi cazzo vogliono loro.

Zigogol71
00giovedì 16 maggio 2013 17:59
Con blu notte di Lucarelli, il mio programma preferito.

Invece di andare avanti si va indietro
wls84
00giovedì 16 maggio 2013 18:26
Re:
Steven Seagull, 16/05/2013 17:51:

Anche "Le storie - Diario italiano" di Corrado Augias potrebbe chiudere, temo.




mi ammazzo
)adramelech(
00giovedì 16 maggio 2013 18:50
assurdo che merda
le solite grandi scelte [SM=x3102712]
martozen
00giovedì 16 maggio 2013 19:09
Re:
Xodiac, 16/05/2013 17:48:

Era forse il miglior programma Made in Rai. L'ho visto diverse volte e ti cattura tantissimo.

Grande mamma Rai, sostituiscilo con uno speciale sul matrimonio della Marini [SM=x2596167]





Già è tanto che non hanno cancellato GoT da rai 4 dopo le proteste dell'associazione cattolica
MasslessMeson
00giovedì 16 maggio 2013 19:11
Re:
Steven Seagull, 16/05/2013 17:51:

Anche "Le storie - Diario italiano" di Corrado Augias potrebbe chiudere, temo.




Li ammazzo.
Zubizarreta in presa alta
00giovedì 16 maggio 2013 20:12
Re:
Zigogol71, 16/05/2013 17:59:

Con blu notte di Lucarelli, il mio programma preferito.

Invece di andare avanti si va indietro



Blu Notte [SM=x2584208] [SM=x2584208]
The monster abyss 87
00giovedì 16 maggio 2013 20:49
magari fallisce la rai
COLT. 45
00giovedì 16 maggio 2013 21:06


[SM=x2584279] [SM=x2584279]
wls84
00giovedì 16 maggio 2013 21:10
più passa il tempo è più Augias diventa spassoso: sgrida gli alunni, sgrida i collaboratori, si fa i cazzi suoi... io lo amo, da vecchio voglio essere Corrado Augias
COLT. 45
00giovedì 16 maggio 2013 21:11
Re:
wls84, 16/05/2013 21:10:

più passa il tempo è più Augias diventa spassoso: sgrida gli alunni, sgrida i collaboratori, si fa i cazzi suoi... io lo amo, da vecchio voglio essere Corrado Augias




Quando cazzia i liceali mi fa morire
wls84
00giovedì 16 maggio 2013 23:24
Re: Re:
COLT. 45, 16/05/2013 21:11:




Quando cazzia i liceali mi fa morire




vogliamo parlare del crescente disordine della sua capigliatura? <3
Kane1986
00venerdì 17 maggio 2013 00:03
merde
Bazinga!
00venerdì 17 maggio 2013 09:37
Insomma, i soldi per trasmettere in diretta il matrimonio della Marini ce l'hanno, invece per fare vero servizio pubblico, guardacaso, i soldi mancano.
E poi si lamentano che il canone lo pagano sempre meno persone...
Takerlord
00venerdì 17 maggio 2013 09:46
Nel paese dove si legge di meno cosa c'è da stupirsi?
In uno dei paesi dell'europa a 27 dove si usa meno il pc perchè ci si stupisce?
In un paese che non VUOLE sapere la propria storia perchè ci si stupisce?

Takerlord
00venerdì 17 maggio 2013 09:49
Al World Editors Forum (http://www.worldnewspaperweek.org/event/18th-world-editors-forum ) ha fatto sensazione tra i partecipanti stranieri il tema dell’ analfabetismo funzionale italiano, in quel caso collegato alla scarsa circolazione dei giornali.

Si tratta di un dato registrato nello Human Development Report,dell’Onu ( hdrstats.undp.org/en/indicators/109.html ) e segnala una situazione italiana particolarmente grave: in questo rapporto, del 2009, gli italiani che hanno problemi di analfabetismo funzionale arrivano al 47% della popolazione. C’è chi fornisce percentuali ancora maggiori quando si riferisce all’analfabetismo di ritorno (il 70%). Sono due fenomeni leggermente diversi ma non sottilizziamo. Si tratta comunque di percentuali da panico democratico.

Tradotto: sanno leggere ma non capiscono. Molti di voi, in genere coinvolti in sfiancanti “conversazioni” sui social forum, assentite. Quante volte vi è capitato di constatare che i commenti a una vostra riflessione tutto facevano tranne che riferirsi a quella? Quanto piuttosto riportavano frasi o opinioni “civetta”, come stanche cantilene trite e maciullate nella pubblica opinione? La difficoltà di rimanere in topic, cioè di riflettere su quel che s’è letto e di rispondere o ribadire con pensieri in linea col testo e non con un proprio flusso di pensieri astratto ma che non si riferisce all’argomento, è frequentissima. E quanti di voi hanno verificato un fenomeno inquietante e crescente? Il fastidio e l’aggressività che si riscontra quando qualcuno si azzarda a far notare errori grammaticali, ortografici o di ragionamento? Se è sempre più difficile imbattersi nell’ autonomia di giudizio, nella maturità di argomentazione, la causa ha un nome: l’ analfabetismo funzionale.

Un punto di partenza per questo tema è la definizione offerta dall’ Ocse ( il consorzio di associazioni internazionali che si occupa tra l’altro di valutare i livelli cognitivi nelle varie età dei singoli paesi in funzione della necessità di “avere competenze nella comprensione dei testi scritti e nelle operazioni di calcolo per partecipare in modo attivo alla vita democratica di un paese e al suo sviluppo economico”) di tale forma “evoluta” dell’analfabetismo e cioè: “A person is functionally illiterate who cannot engage in all those activities in which literacy is required for effective functioning of his group and community and also for enabling him to continue to use reading, writing and calculation for his own and the community’s development.”

Non ci sorprendiamo più di tanto, ma ci allarmiamo, sono dati che erano già stati oggetto di uno studio di Tullio De Mauro un paio di anni fa e dovrebbero mettere in guardia chi governa per il bene collettivo, non certo fargli affermare che “poco male, coi libri non si mangia”(Tremonti).

In realtà, chi avventatamente ha dichiarato quella corbelleria, sa perfettamente che lo sviluppo economico e civile di un paese dipende dall’istruzione e dai livelli cognitivi dei suoi cittadini (è sempre l’OCSE a certificarlo e a mettere in relazione i due dati), ma sa anche che quasi la totalità del suo elettorato proviene da quella fascia di 50% di analfabetismo funzionale e dunque a quella deve rapportarsi. Persone che leggono in media un libro in cinque anni, se non meno.

Siamo ufficialmente un paese di ignoranti (non come giudizio, ma come dato di fatto sostanziale) e siamo in piena regressione perché i dati sono peggiorati negli ultimi due anni e peggiorano. Attenzione: stiamo parlando di adulti, dunque la scuola c’entra in parte. E’ un fenomeno che riguarda anche persone con istruzione superiore che all’indomani del conseguimento del titolo di studio hanno smesso di leggere.

Se parliamo di scuola però c’è da rilevare il peggioramento dei livelli cognitivi medi in lettura negli ultimi due anni (rilevazioni pisa e invalsi alle elementari e alle medie) che possiamo già mettere in relazione al ridimensionamento delle ore di lezione, specie di italiano, operate dai decreti Gelmini e all’aumento del rapporto alunni/docente. Come anche all’eliminazione progressiva dei moduli coi doppi maestri. Organizzazione che permetteva il recupero delle debolezze e il potenziamento delle eccellenze e che aveva portato i bambini delle nostre elementari tra i primi al mondo. Sono ancora messi bene ma, per la prima volta, si nota un flessione negativa nei livelli di lettura.

Proprio qualche giorno fa, Max Bruschi, consigliere della Gelmini, ripeteva in una trasmissione, come un disco rotto, che la qualità dell’insegnamento non proviene dalle ore di lezione e nemmeno dalle risorse investite ma solo e soltanto dalla qualità degli insegnanti. Affermazione demagogicamente efficacissima, ma impropria sul piano scientifico-didattico. Posto che in parte ciò può essere vero, decenni di studi sullo sviluppo e la valutazione dei sistemi d’istruzione e sui livelli cognitivi degli allievi da parte di chi qualche parola in più sull’ argomento potrebbe dirla con cognizione di causa e non sulla scorta di un elementare “buon senso”, hanno sancito la interdipendenza tra insegnamento e contesti strutturali di appartenenza (familiari, geografici, in relazione alle architetture di sistema scolastico e alla credibilità sociale del valore primario “istruzione” come fattore di riuscita o progresso individuale) e in misura minore di metodologia dei singoli docenti.
Quando si parla di scuola è frequente sentire affermazioni di sano buon senso comune. In realtà il “buon senso”, quando si devono curare mali estremi ha poco “senso”: servono la professionalità e la competenza degli esperti, pedagoghi, educatori, sociologi e psicologi, organizzatori di sistemi, non dei consiglieri improvvisati alla bisogna.

Nonostante ciascuno di noi sia affezionato all’ idea che è stato quell’ insegnante in particolare a farne l’uomo o la donna che è oggi, in realtà è stato molto altro, forse ache quello, nei casi migliori, ma c’è altro: il tipo di famiglia in cui si è cresciuti e il tipo di studi prescelto, oltre che la regione in cui si è nati, sommati a tanti altri fattori. E infine: la predisposizione e la volontà personale. Sì, certo, anche quell’ insegnante..Ma se in classe eravamo divisi in eccellenti, bravi, bravini e asini e l’insegnante sempre quello era, qualche altro motivo ci sarà, oltre la bravura eccezionale del docente. In realtà i fattori che oggi determinano i livelli cognitivi dei ragazzi sono ancora in maggioranza quelli di contesto, cioè dati esogeni alla scuola. Non è un bene. Perché a scuola si portano le iniquità sociali. Sarebbe bello accontentarsi solo del docente, come fattore decisivo, almeno sapremmo dove agire per eliminare i forti elementi di iniquità del sistema scolastico italian. Ma ciò oggi è vero solo in parte e per farlo diventare vero dovremmo però agire. Si potrebbe aumentare il fattore “docente” con un aumento del tempo scuola per i ragazzi e con una adeguata formazione in servizio degli insegnanti. Ma sarebbero necessari veri aggiornamenti e sperimentazioni per verificare e monitorare l’efficacia di tale assunto.
Quando ci riferiamo a noi stessi, in genere la nostra esperienza personale è sempre la maggiore fonte di “buon senso” che cerchiamo di applicare all’universo mondo. In realtà mai dobbiamo trascurare che siamo una porzione miserrima del paese, noi che leggiamo libri e quotidiani, che abbiamo un livello di studi elevato, con studi liceali (corsi di studio che garantiscono i migliori livelli cognitivi in lettura , riflessione e calcolo) e universitari siamo circa il 6% del paese. E non è nemmeno detto che le nostre competenze nella comprensione, nell’analisi e nella valutazione di un testo (comunemente definita literacy) siano comunque eccellenti. Per cui dimentichiamoci di noi. Il paese è altro: il 50% è affetto da analfabetismo funzionale. Si direbbe inoltre che la situazione generale italiana sia peggiorata tra il 2009 e il 2010 (http://en.wikipedia.org/wiki/Human_Development_Index ) . Non è il caso di fidarci del nostro buon senso per curare quello che è un cancro sociale.

Il tema generale è enorme e non è collegato solo a povertà di contesto o disagi sociali o economici degli interessati.

E’ collegato anche agli investimenti sbagliati o non effettuali dal paese nel campo dell’istruzione e del long life learning. Che non debbono essere per forza o soltanto investimenti di risorse finanziarie. Potrebbero essere anche investimenti di attenzione, di programmi di ricerca, di studio sui modelli pedagogici più adeguati, di esame rigoroso dei punti di debolezza di sistema e delle azioni conseguenti prima di prendere qualunque decisione. Se un punto di debolezza fosse la funzione docente, l’azione conseguente è l’aggiornamento e la formazione iniziale e in servizio. Se un punto di debolezza è l’organizzazione scolastica delle scuole autonome, l’azione conseguente è una diversa attenzione, formazione e aggiornamento dei dirigenti scolastici (pochissimo considerati come fattori decisivi), se un punto di debolezza è il contesto di origine, l’azione conseguente è aumentare i momenti di apprendimento non formale a scuola dei ragazzi che forniscono comunque conoscenza implicita (attività come sport, teatro, musica, cinema…), e riconsiderare il tempo scuola come la somma di apprendimenti formali, le lezioni, e non formali, le attività accessorie, se un punto di debolezza è il clima in classe (critico in certi contesti) l’azione conseguente è quella del diminuire il rapporto alunni/docente…e così via dicendo. Abbiamo sviluppato negli ultimi anni la valutazione del sistema scuola come raccolta di dati per il miglioramento del sistema. Abbiamo una fotografia sufficientemente aderente alla realtà ma le azioni conseguenti da prendere per agire su punti forza e punti di debolezza rilevati non son mai state prese in considerazione, non sono nemmeno state analizzate. I dati in genere vengono dati in pasto alla pubblica opinione in chia classificatoria e poi i sistemi politici le hanno assunte cme basi di azione demagogiche e portatrici di consenso.

Investimenti sono necessari dunque, ma con competenza, cautela e rispetto. Nel verso della considerazione del sistema d’istruzione come uno degli ambiti vitali per la crescita culturale e sociale di una collettività. Non solo in vista di uno sviluppo economico ma in vista di una maggiore consapevolezza che le competenze e i livelli cognitivi di un popolo incidono in modo specifico e fondante sulla qualità della democrazia di una nazione.

Investimenti fatti per aumentare i livelli cognitivi dunque, in modo efficace e reale, non per sanare qualche desiderata assolutamente astratto del ministro di turno.

Quello dell’analfabetismo è connesso a un problema di sistema di educazione (educazione è sinonimo di istruzione nel campo della ricerca) permanente complessiva deficitario (lo ripetiamo tutti da mattino a sera senza che nessuno abbia intenzione di prendere provvedimenti in tal senso), e di lasciare troppo spazio ad alternative massmediatiche (tv e rete su tutti) rispetto alle classiche agenzie educative, scuola e famiglia p informative (giornali e libri). Il tempo maggiore trascorso dai ragazzi non è a scuola (con le sue ore tagliate e le sue classi pollaio) o nello studio, bensì davanti ai mezzi televisivi o in rete. Così come dagli adulti. Il che non è un male in se, ma lo diventa se messo in rapporto con un insufficiente allenamento della capacità di discernimento autonomo e di valutazione critica delle informazioni acquisite.

Riferendoci nuovamente alla popolazione adulta, in un paese come il nostro che fonda molta parte della sua comunicazione non sulle relazioni interfamiliari e sociali, non sulla lettura di libri o quotidiani, come era un tempo, ma sulla televisione, generalista e di scarsa qualità, la sfida a migliorare le proprie capacità di lettura e scrittura si è notevolmente ridotta. Di conseguenza anche quelle di comprensione come di riflessione. Con conseguenze immaginabili nella sfera delle azioni: incapacità di raziocinio di tipo riflessivo, emotività diffusa, sia individuale che sociale, frammentazione del corpo sociale.

Ripeto ancora una volta che l’analfabetismo funzionale non è l’analfabetismo tout court: riguarda le capacità di lettura e di comprensione e valutazione di un testo scritto complesso, non il fatto di avere o non avere frequentato una scuola. Riguarda le conseguenti capacità di riflessione, di consapevolezza degli eventi e di porre collegamenti conseguenziali e valutazioni fattive tra di essi.

Al di là del giudizio e delle considerazioni su chi possa avere vantaggi da un paese per metà privo di strumenti valutativi personali e autonomi, il dato dovrebbe creare sconcerto, ma anche far riflettere.
Possiamo aggiungere qualche altro dato: l’elettorato di centro destra è statisticamente maggiore tra chi ha titoli di studio inferiori. Non legge quotidiani ne’ libri. Se anche se li leggesse, non avrebbe gli strumenti cognitivi per comprenderli. Chi è affetto da analfabetismo funzionale è più “ammaestrabile” da demagoghi e populisti, bastano facili slogan. Pericolosi non nel contenuto – di buon senso e forse condivisibili in se- ma nell’uso facilmente manipolatorio che se ne fa. In sostanza ad essere messi in crisi sono i binari della democrazia adulta. Cioè la fiducia che a cambiare e a governare un paese debbano essere i cittadini consapevoli attraverso i mandati istituzionali di cui comprendono essenza e funzione. La crisi della rappresentanza democratica può dipendere da un lato da un incancrenirsi delle patologie e dei difetti delle modalità partitiche, dall’altra dalla non consapevolezza del potere e delle funzioni dell’agire democratico determinata da una scarsa literacy dell’elettorato.

Di fronte a tutto ciò si può agire in più modi: o continuando a prendere in giro il paese con battute indegne, sui libri che si mangiano o si buttano, e noi lì, a battere le mani, per sanare la nostra coscienza di ex somari, o di poco istruiti, o di “nemici di ogni spreco”, o iniziando “a fin di bene” a produrre linguaggi semplici, accattivanti e di buon senso (ben diverso dal “senso”..spesso il “senso” sfugge), ma pericolosi perché manipolatori, oppure iniziando a pensare che senza un vero investimento nell’architettura di sistema della scuola pubblica, nelle metodologie e nel posizionamento adeguato delle risorse, in modo serio ed efficace e senza ideologismi, come anche senza alcuna concessione ai mali antichi, tali ritardi culturali , che poi diventano sociali , civili e antropologici, sono destinati inevitabilmente a crescere.



Una piccola notazione pratica, forse off topic, ai colleghi docenti: un grande pedagogo contemporaneo afferma che il fine ultimo del nostro pensiero oggi, la vera missione da compiere in classe è quella di stimolare domande. La condivido: la nostra resistenza attiva al servizio della democrazia è seminare dubbi tra gli allievi e far amare la complessità. Non di dare risposte. Stimolare domande per accrescere curiosità e senso critico. Svegliamoci la mattina, entriamo in classe e poniamoci quell’obiettivo.
ShearerWHC
00venerdì 17 maggio 2013 09:53
Re:
wls84, 16/05/2013 21:10:

più passa il tempo è più Augias diventa spassoso: sgrida gli alunni, sgrida i collaboratori, si fa i cazzi suoi... io lo amo, da vecchio voglio essere Corrado Augias




Signorina, la dizione corretta è mass mèdia
COLT. 45
00venerdì 17 maggio 2013 09:58
Re: Re:
ShearerWHC, 17/05/2013 09:53:




Signorina, la dizione corretta è mass mèdia




[SM=x2585038]

Bazinga!
00venerdì 17 maggio 2013 10:32
Augias è un mito, e la sua trasmissione è una piccola perla (che, per l'orario e la collocazione, fa anche ottimi ascolti).
Steven Seagull
00venerdì 31 maggio 2013 12:56
Svelato l'arcano: Le Storie ritorna anche la prossima stagione, ma Augias no. [SM=x2584921]
Ora in onda la sua ultima puntata da conduttore.
COLT. 45
00venerdì 31 maggio 2013 12:57
Re:
Steven Seagull, 31/05/2013 12:56:

Svelato l'arcano: Le Storie ritorna anche la prossima stagione, ma Augias no. [SM=x2584921]
Ora in onda la sua ultima puntata da conduttore.




DEVONO BRUCIARE VIVI

A meno che non abbia scelto lui [SM=x2584915]
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