L'OCSE boccia il decreto Poletti e propone di cancellare l'Articolo 18

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zimbabwe
00mercoledì 3 settembre 2014 15:18

Lavoro di scarsa qualità, dipendenti sotto stress a causa di un “elevato livello di pressione” e della “necessità di svolgere mansioni complesse con risorse limitate”, precariato dilagante che “intrappola” i giovani. Non è la descrizione del mercato del lavoro di un Paese in via di sviluppo ma la fotografia di quello italiano, scattata dall’Ocse nel rapporto sull’occupazione presentato a Parigi mercoledì. L’organizzazione parigina sollecita per questo l’approvazione “rapida” del Jobs Act, il cui esame in Senato riparte giovedì. E dà anche la propria ricetta per ridurre i costi di licenziamento: occorre depotenziare l’articolo 18 cancellandone il cuore, cioè il diritto di reintegro nei casi di licenziamento senza giusta causa. Il reinserimento in azienda, si legge nell’Employment outlook, andrebbe sostituito con “un’indennità crescente con l’anzianità di servizio”. Una proposta identica a quella contenuta nell’emendamento del senatore Pietro Ichino alla legge delega che prevede il contratto di inserimento a tutele crescenti e costituisce il secondo capitolo del Jobs Act (il primo è il decreto Lavoro entrato in vigore a maggio).

“Con il decreto Poletti più dualismo. Approvare subito Jobs Act” – “A seguito della ‘riforma Fornero‘ del 2012″, nota il rapporto, “il mercato del lavoro italiano ha parzialmente ridotto la sua eccessiva dipendenza dai contratti atipici. Ma le imprese tendono ancora ad assumere lavoratori giovani e inesperti solo attraverso contratti a tempo determinato”. Che, nota l’Ocse in un altro capitolo del documento, inducono le aziende a “fare meno investimenti per i lavoratori non regolari, ciò che potrebbe diminuire la loro produttività e lo sviluppo del capitale umano dell’impresa”. E “la recente liberalizzazione dei contratti a tempo determinato”, cioè il decreto Poletti, di cui Matteo Renzi già rivendica i “risultati verificabili”, “pur rispondendo al bisogno di aumentare rapidamente l’occupazione potrebbe condurre ad accrescere nuovamente il dualismo del mercato del lavoro”. Pertanto secondo l’Ocse è “importante che il Jobs Act sia approvato e reso operativo rapidamente, in modo da ridurre i costi di licenziamento e, in particolare, ridurre l’incertezza sull’esito dei licenziamenti economici”. L’organizzazione suggerisce anche come intervenire: “Un’opzione sul tavolo consiste nella sostituzione (salvo nel caso di discriminazione) del diritto di reinserimento con un’indennità crescente con l’anzianità di servizio”. Che è in effetti una delle ipotesi sul tavolo, prevista dall’emendamento del senatore Pietro Ichino alla legge delega sul Jobs Act di cui giovedì riparte l’esame al Senato. “Tuttavia, tali nuove norme dovrebbero essere applicate allo stesso modo per l’interruzione di contratti permanenti e temporanei (anche se giunti a scadenza) come accade in Irlanda e nel Regno Unito. Infine, maggiore sforzo deve esser fatto per avanzare nella direzione di una Aspi universale, come indicato nelle riforma del 2012 e rinforzato nel progetto di Jobs Act”.

“A tempo determinato il 70% dei nuovi assunti, scelta pregiudizievole per singoli e economia” – Durissima poi la descrizione su tipologia e qualità del lavoro in Italia: “La quota di nuovi assunti con contratto a tempo determinato è pari al 70%, una delle più elevate tra i paesi Ocse”. E contare troppo su queste forme contrattuali “è pregiudizievole nei confronti dei singoli e dell’economia” perché può “avere un effetto negativo sia sull’equità, sia sull’efficienza”. Ma c’è di peggio: “Nel confronto con gli altri Paesi avanzati, in Italia non è solo elevata la quota di disoccupati, ma anche quella di occupati con un lavoro di scarsa qualità”, si legge nella scheda dedicata all’Italia. In particolare, evidenzia l’organizzazione, “il lavoro in Italia sembra essere caratterizzato da un basso livello di sicurezza, a causa dell’elevato rischio di disoccupazione e di un sistema di protezione sociale caratterizzato, rispetto alla media Ocse, da un tasso di copertura relativamente ridotto e da un contributo poco generoso agli aventi diritto”. Per l’Ocse “anche la qualità dell’ambiente di lavoro è modesta” e “un alto numero di persone ritiene di lavorare in condizioni difficili e stressanti, caratterizzate da un elevato livello di pressione e dalla necessità di svolgere mansioni complesse con risorse limitate”. Stefano Scarpetta, direttore della divisione Lavoro e Affari sociali dell’Ocse, ha commentato dicendo che l’Italia ha bisogno di “una riforma completa del mercato del lavoro”, che sostenga “le imprese che devono adattarsi ai cambiamenti tecnologici e di mercato, ma dia anche più sicurezza ai lavoratori che devono spostarsi da un lavoro all’altro” e offra supporto adeguato ai disoccupati.

Il tasso di disoccupazione salirà al 12,9% prima di iniziare a calare – Pessime notizie anche sul fronte dell’andamento del tasso di disoccupazione, ora al 12,6% in base agli ultimi dati Istat. Quest’anno, stima l’Ocse, toccherà quota 12,9%. Secondo le stime dell’Employment outlook dell’organizzazione internazionale, nel nostro Paese la curva della disoccupazione comincerà a calare, scendendo al 12,2%, solo nel 2015. La percentuale dei senza lavoro è quasi raddoppiata rispetto agli anni pre-crisi, nota l’Ocse: nel 2007, il tasso di disoccupazione armonizzato era al 6,1%, nel 2008 al 6,8%. Per di più continua a crescere la quota dei senza lavoro “cronici”: i disoccupati da almeno 12 mesi sono quasi il 57% del totale, con un picco del 61,5% tra gli over 55.

Allarme sui giovani “Neet”: “In Italia al 22,4% mentre negli altri Paesi la quota si è stabilizzata o scende” – Nella scheda dedicata al Paese l’Ocse lancia anche un allarme sulla mancanza di lavoro per i giovani: “La crescita della disoccupazione giovanile è stata particolarmente rapida in Italia, dove il tasso è raddoppiato dal 2007 per raggiungere il 43,4% del secondo trimestre del 2014″. “Questa tendenza”, prosegue il rapporto, “si accompagna con l’ancor più preoccupante aumento dei giovani inattivi che non frequentano corsi d’istruzione”. Di conseguenza “la quota di giovani non occupati e non in istruzione o formazione (Neet) è salita di 6,1 punti percentuali, raggiungendo il 22,4% alla fine del 2013″. Secondo l’organizzazione “questa dinamica contrasta con quella della maggior parte dei Paesi Ocse, in cui i giovani hanno reagito alle scarse prospettive occupazionali aumentando l’investimento in istruzione (e l’incidenza dei Neet si è, in media, stabilizzata), o quella di Paesi come la Germania, in cui la quota di Neet è scesa più rapidamente rispetto al tasso di disoccupazione aggregato”. Una situazione preoccupante anche perché “per i giovani italiani Neet cresce il rischio di stigma, cioè di subire un calo permanente delle prospettive di occupazione e remunerazione”.

Poletti: “Il ddl Lavoro renderà mercato più equo e inclusivo” – Giuliano Poletti ha risposto con una nota che sottolinea come il governo conosca “bene” la ”drammatica situazione dell’occupazione nel Paese” e spiega che la delega all’esame del Parlamento punta a creare un mercato del lavoro “più equo e inclusivo”. La situazione del lavoro in Italia con il 40% di disoccupazione giovanile, secondo Poletti, è “figlia di una crisi che ci sta colpendo da oltre sette anni e che è aggravata dalle attuali tensioni del contesto europeo ed internazionale e da cattive politiche del passato. Hanno prevalso gli scontri ideologici a scapito di scelte pragmatiche in linea con gli altri paesi europei”. Il Jobs Act “per la cui rapida approvazione il governo sta assicurando un forte impegno prevede non solo un’ampia riforma della regolamentazione del lavoro, ma anche il rafforzamento degli strumenti di politiche attive per il lavoro ed il riordino degli ammortizzatori sociali, oltre ad una semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico dei datori di lavoro. E così riusciremo a creare un mercato del lavoro più semplice ed efficiente, più equo ed inclusivo, migliorando la produttività generale del sistema Italia rendendolo, anche da questo punto di vista, più europeo”.

“Nell’area Ocse aumenta disoccupazione strutturale che potrebbe non essere riassorbita con il ritorno alla crescita” – Per quanto riguarda la media dell’eurozona, il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere, nel quarto trimestre dell’anno, all’11,7%, contro l’11,8% del quarto trimestre 2013. Per arrivare all’11,2% nel 2015. Nel complesso dell’area Ocse, invece, il tasso dovrebbe calare dal 7,7% di ottobre-dicembre 2013 al 7,4% dell’ultimo quarto del 2014. La difficoltà di recupero dei livelli precedenti il 2007 non è un problema solo italiano. L’Employment outlook rileva “un lieve calo del tasso di disoccupazione nell’insieme, ma nell’area Ocse sono ancora 45 milioni le persone senza lavoro, ossia 11,9 milioni più che appena prima della crisi”. Il documento lancia poi l’allarme sui cambiamenti “strutturali” della forza lavoro: “La persistenza di alti livelli di disoccupazione si è tradotta in un aumento della disoccupazione strutturale in alcuni Paesi, che potrebbe non essere automaticamente riassorbita con il ritorno alla crescita economica perché ha portato a una perdita di capitale umano e di motivazione a trovare lavoro, soprattutto per i disoccupati di lungo periodo”. Nell’area Ocse, infatti, 16,3 milioni di persone sono senza lavoro da oltre un anno: si tratta di oltre il 35% dei disoccupati.
captainkeane
00venerdì 5 settembre 2014 09:33
Cioè la soluzione sarebbe eliminare uno degli ultimi diritti rimasti ai lavoratori?
Megablast
00venerdì 5 settembre 2014 09:45
Ma l'articolo 18 va rivisto comunque su.
The REAL Capt.Spaulding
00venerdì 5 settembre 2014 10:35
d'accordo con megablast.
mickfoley82
00venerdì 5 settembre 2014 10:50
Re:
Megablast, 05/09/2014 09:45:

Ma l'articolo 18 va rivisto comunque su.




Come lo rivedresti tu?
The REAL Capt.Spaulding
00venerdì 5 settembre 2014 11:38
in linea generale io metterei semplicemente + libertà di licenziamento con + soldi per il lavoratore.

ero in una fiera del settore, parlavo con un dirigente d'azienda partner nostra tedesco.
mi diceva che all'inizio della crisi (quella del 2008) dovette tagliare il 25% degli operai, questo gli costò circa una milionata e mezzo in buone uscita.
contemporaneamente lo stato garantiva assegni di disoccupazione generosi.
mickfoley82
00venerdì 5 settembre 2014 12:13
Capitano ma oggi il problema è la possibilita' o meno di licenziare?secondo me no.
Il problema da affrontare al massimo è facilitare le assunzioni e son anni che la menano con l'art 18 e la cosa va a rotoli.
Deadly Vomby
00venerdì 5 settembre 2014 12:22
Re:
mickfoley82, 05/09/2014 12:13:

Capitano ma oggi il problema è la possibilita' o meno di licenziare?secondo me no.
Il problema da affrontare al massimo è facilitare le assunzioni e son anni che la menano con l'art 18 e la cosa va a rotoli.




Ci sono due cose da fare: snellire la tipologia di contratti di assunzione e facilitare chi assume; riformare gli ordini professionali ed abolire praticantato/tirocinio che è una cosa vergognosa e che equivale a manovalanza gratis per ANNI.
AtomBomb
00venerdì 5 settembre 2014 12:46
Personalmente penso anch'io che passare da reintegro a risarcimento non sia così terribile, certo, il risarcimento, in caso di licenziamento senza giusta causa, deve essere molto consistente, tipo equivalente a 14 mensilità.

Ma prima di introdurre leggi che rendano più facile licenziare, e prima ancora di introdurre i risarcimenti per legge, bisogna abrogare il collegato lavoro e inserire un salario minimo.

L'apprendistato lo regolamenterei bene, lo lascerei solo per poche categorie: entro un anno dalla fine di un percorso di studi, che sia o diploma o laurea, sia triennale che magistrale, e per chi non ha concluso un percorso di studi lo lascerei solo fino a un'età abbastanza bassa, tipo 23/25 anni, ovviamente inserendo delle tutele legali in materia di retribuzioni.

Chiaramente eliminare tutti i contratti che ci sono oggi, ed estenderei le garanzie, tipo i risarcimenti, a tutti, sia per chi lavora da un mese che per chi lavora da 10 anni.
NowSayMyName
00venerdì 5 settembre 2014 13:12
Sicuramente va rivisto.

Nel 2014 è purtroppo impensabile di avere gli stessi diritti e tutele del 1982.

Tuttavia è un argomento particolarmente delicato perchè si rischia di passare da un estremo all'altro.

In parole povere: in Italia se possono ti sfruttano, senza l'art. 18 lo sfruttamente diverrebbe legale (ma se penso agli stage e all'apprendistato effettivamente già lo è).
Deadly Vomby
00venerdì 5 settembre 2014 13:30
Re:
NowSayMyName, 05/09/2014 13:12:

Sicuramente va rivisto.

Nel 2014 è purtroppo impensabile di avere gli stessi diritti e tutele del 1982.

Tuttavia è un argomento particolarmente delicato perchè si rischia di passare da un estremo all'altro.

In parole povere: in Italia se possono ti sfruttano, senza l'art. 18 lo sfruttamente diverrebbe legale (ma se penso agli stage e all'apprendistato effettivamente già lo è).




I tirocini!!!
Lavori per anni gratis e quando vai a fare lì'esame di stato devi pure dire "ah no, io osservavo e basta!".
Megablast
00venerdì 5 settembre 2014 14:28
Sì son d'accordo con Atom.

Posto che, prima di cancellare o rivedere l'articolo 18, va rivista tutta la legislazione sul lavoro.

Stage, apprendistati, contratti a progetto sono solo nuove forme di schiavitù, prima di metter mano all'articolo 18 vanno rivoluzionati e, se possibile, cancellati.

A tendere si dovrebbe andare verso due sole forme di lavoro: apprendistato e indeterminato (che indeterminato non è, inserendo forme di risarcimento senza giusta causa e programmi di reinserimento)...
jaena pliskin
00venerdì 5 settembre 2014 14:37
tutto quello che dicono atom e megablast
piu una revisione degli ammortizzatori sociali
perdere un lavoro non deve diventare una morte sociale
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