Ci sono due differenti domande arrotolate in una sola, ed è innanzitutto importante dissezionarle.
" non riesco a trovare un senso al tutto, cioè un senso un po' più "spirituale" di "nascere, crescere, scopare, morire". "
Beh, questo è fondamentalmente perché non c'è, quindi il fatto che non lo trovi significa che non stai inventando niente per riempire il suo posto. La necessità di avere qualcosa che soddisfi quel requisito penso sia attribuito ad aristotele e tutta la sua roba che ha permeato nella civiltà occidentale per migliaia di anni con la sua "causa finale" e le sue implicazioni teleologiche (quelle che piacevano tanto ai cristiani in quanto potevano essere trasformate in teologiche che invece han buttato nel cesso la sua parte ateistica).
Il fatto che non ci sia uno scopo, un fine, un significato nella vita, è una cosa meravigliosa. Questo significa che dall'altra parte non ci sarà un dittatore celeste più autoritario di Kim Jong Il che romperà il cazzo dicendo " No, hai sbagliato tutto! Dovevi adorarmi in vita! ". Questa è una cosa meravigliosa perché significa che tu puoi scegliere il tuo significato, che tu puoi crearti il tuo scopo, che sei veramente libero, che hai realmente la libertà individuale di dire "questo è quello che voglio fare". Le fighette si fanno impaurire dalla vertigine delle possibilità, noi uomini fighi facciamo così:
E viviamo come cazzo ci pare.
La seconda domanda è come fa una persona realista ad affrontare l'idea che un giorno deve morire ?
Il tetrafarmaco, per me, non funziona. Perché la morte in sé non mi fa affatto paura, è che la vita mi piace parecchio, e gradirei non perdere le mie facoltà mentali.
Per metterla in termini semplici, io sono contrario alla morte. La mia opinione riguardo questo particolare argomento non è complicata: penso che la morte sia male. Citando Yudkowsky, c'è questa presunzione per cui se poni una domanda in maniera profonda e pretenziosa come " qual'è il significato della vita? " o " come affrontare la morte ? " meriti una risposta profonda e filosofica e controintuitiva. Non mi piego a questo gioco delle parti. Vita è bene, morte è male, salute è bene, malattia è male; se puoi vivere in salute a 60 anni, vivere in salute a 70 anni è meglio, vivere 500 anni in salute è pure meglio, vivere 10mila anni in salute è pure meglio. E quando la gente mi chiede " Ma vuoi vivere per sempre? " rispondo, "Beh, non lo so, per sempre è proprio tanto tempo ", però oggi voglio vivere un giorno di più, domani vorrò vivere un giorno di più, quindi voglio vivere per sempre (prova per induzione sulla retta degli interi positivi).
Io non voglio che la gente abbia consolazione per la morte. Le persone religiose non hanno il lusso di puntare il dito verso, un terremoto, o qualcosa del genere, e dire " oh, questa è una triste tragedia senza scopo ". Hanno il loro papino celeste, e quindi tutto deve far parte di un piano, tutto deve essere sotto immaginario controllo, tutto deve avere una ragione, morte inclusa. Il premio nobel Steven Weinberg scrive " più comprendiamo l'universo, più sembra assurdamente senza senso". Chi non crede in religioni e aldilà e cose varie non può permettersi il lusso di una consolazione.
Io voglio che la gente si incazzi con la morte. Voglio che l'umanità si unisca contro un unico scopo, e magari non l'anno prossimo, non tra dieci anni, non fra cento anni, ma prima o poi, riuscire a smettere di essere fighette che muoiono continuamente!
Abbiamo già esaudito due su tre dei sogni degli alchimisti: trasmutiamo gli elementi e possiamo volare. Ora è tempo di muovere il culo e diventare immortali.